Papilloma Virus

L’INFEZIONE DA PAPILLOMA VIRUS IN MEDICINA ORALE

I papilloma virus umani (HPV) sono un gruppo eterogeneo di agenti virali a replicazione intranucleare appartenenti alla nuova famiglia Papillomaviridae (van Regenmortel MHV,  2000). 

Gli HPV hanno un piccolo diametro (50 μM) ed un genoma costituito da circa 7200- 8000 coppie di basi (peso molecolare di 5.2 x 10 μdalton), rivestito da un capside icoesaedrico privo di envelope e formato da 72 capsomeri (60 esameri piu’ 12 pentameri) disposti in 20 facce simmetriche (Howley, 1991). 

Grazie alle tecniche di biologia molecolare è stato possibile isolare fino ad oggi circa 100 genotipi diversi di Human papillomaviruses (Giovannelli et al., 2002), tutti sequenziati e disponibili nel data base HPV . Sono stati distinti due gruppi di virus HPV: ad “alto rischio” (HR - High Risk HPV 16-18- 31-33-35), associati alle lesioni potenzialmente ed ffettivamente maligne (neoplasie intraepiteliale cervicale o CIN, carcinoma della cervice, del pene e della vulva, condiloma gigante di Bruschke e Lowenstein, leucoplachia orale, lichen planus orale, leucoplachia proliferativa verrucosa, carcinoma orale squamocellulare o verrucoso) ed a “basso rischio” (LR - Low Risk HPV: tra cui 2-4-11-13-32) associati più comunemente alle manifestazioni benigne (verruche volgari, condilomi, iperplasia epiteliale focale, papillomi squamocellulari, papillomatosi di Bowen) (Praetorius, 1997; Pillai et al., 1999; 

Badaracco et al., 2000; Miller & Johnstone, 2001; Giovannelli et al., 2002; Campisi et al., 2004). 

La metodica più appropriata per l’identificazione e la genotipizzazione del genoma HPV è la PCR (Giovannelli et al., 2004): essa ha permesso di confermare che l’infezione da HPV dell’apparato genitale femminile (50-60%) è correlata al DNA-HPV16 (genotipo HPV più frequentemente associato con il cancro della cervice uterina). I papillomavirus sono caratterizzati da un particolare tropismo per le cellule degli epiteli squamosi, soprattutto per quelle già ben differenziate. L’infezione ha solitamente inizio nelle cellule basali e parabasali dell’epitelio squamoso, poiché dotate di spiccata attività proliferativa, quindi, affinchè si realizzi l’infezione attiva, il virus deve poter accedere al compartimento “generativo” dell’epitelio della mucosa. Tale condizione spiega la necessità della presenza di lesioni di continuo nella cute e nelle mucose affinché il virus attecchisca (Miller & Johnstone, 2001). Nella fase iniziale dell’infezione, quando cioe’ il virus colonizza le cellule basali e parabasali dell’epitelio, il genoma virale va incontro ad una replicazione in forma episomale, essendo presente, in singola copia, come frammento extracromosomico di DNA circolare. Quando l’infezione diviene produttiva, l’espressione dei geni virali procede sequenzialmente seguendo la differenziazione in senso squamoso dell’epitelio, a partire dalle cellule basali e parabasali, dove porzioni precoci del genoma virale sono più attive fino agli strati superiori dell’epitelio (intermedio e superficiale), in cui si assiste ad una significativa produzione di proteine capsidiche ed alla formazione del virione completo, ovvero la particella virale infettante (Syrjanen et al., 1988; Femiano, 2000). L’integrazione dell’HPV nella cellula ospite avviene in corrispondenza dei geni codificanti per le oncoproteine pE6 e pE7 le quali, legandosi ai prodotti di 2 anti-oncogeni (Rb e P53) ed arrestandone l’attività (de Villiers, 1997), mediano rispettivamente il blocco del differenziamento cellulare e l’ immortalizzazione cellulare; tale processo spiega il significato oncogeno dell’infezione da HPV. 

Istologicamente, l’infezione da HPV può manifestarsi con: acantosi, discheratosi, multinucleazione dei cheratinociti e coilocitosi; quest’ultima, in particolare, è considerata come evidente espressione di citopatia d’origine virale: la cellula coilocitica presenta un citoplasma addensato alla parete interna della membrana cellulare ed un nucleo collassato morfologicamente atipico (nucleo a stella) (Fornatora et al., 2001; Santoro et al., 1997). 

La risposta immunitaria, aspecifica e specifica, svolge un ruolo molto importante sull’infezione da HPV. L’azione più importante dell’immunità naturale nei confronti dell’infezione HPV è legata alla produzione di mediatori da parte dei macrofagi attivati e polimorfonucleati (quali enzimi proteolitici, frazioni attivate del complemento, chemochine) o degli stessi cheratinociti celanti HPV (quali citochine e chemochine). Per quanto concerne l’immunità anti-HPV specifica essa include sia la produzione di anticorpi che la selezione di specifici cloni di linfociti T citotossici, entrambe secondarie alla presentazione dell’antigene al sistema immune da parte delle cellule presentanti l’antigene (APC). E’ da sottolineare che ’immunita’ umorale è importante per la neutralizzazione, l’inattivazione dei virioni e per la prevenzione della diffusione degli HPV, mentre la regressione delle lesioni risulta correlata in massima parte alla immunita’ cellulare.